Un’indagine rivela livelli preoccupanti di PFAS nell’acqua potabile italiana. Scopri quali regioni rischiano di più, gli effetti sulla salute e le misure da adottare.
Bere un bicchiere d’acqua del rubinetto, un gesto quotidiano che dovrebbe essere sinonimo di sicurezza, oggi solleva più di una preoccupazione. Una recente indagine ambientale ha rivelato una realtà inquietante: gran parte dell’acqua potabile italiana è contaminata da sostanze chimiche perfluoroalchiliche, i cosiddetti PFAS, composti tossici noti per la loro capacità di resistere alla degradazione e accumularsi nel corpo umano.
Secondo le ultime analisi condotte tra settembre e ottobre 2024, su 260 campioni d’acqua prelevati in 235 comuni, oltre il 75% contiene almeno una sostanza PFAS. Un dato che getta ombre sulla qualità dell’acqua in molte regioni italiane e mette in evidenza un problema ambientale ormai diffuso su scala nazionale.
L’acqua del rubinetto sotto accusa: l’allarme PFAS in Italia
I PFAS (per- e poli-fluoroalchiliche) sono composti chimici di origine industriale utilizzati per rendere i materiali resistenti a grasso, calore e acqua. Si trovano in numerosi prodotti di uso comune: dalle pentole antiaderenti ai tessuti tecnici, dagli imballaggi alimentari alle schiume antincendio.
Il problema è che queste sostanze non si degradano facilmente. Una volta disperse nell’ambiente, restano attive per decenni e possono raggiungere le falde acquifere, contaminando fiumi e acquedotti. Gli studi più recenti collegano la loro esposizione prolungata a disfunzioni ormonali, problemi al fegato, riduzione della fertilità e persino ad un aumento del rischio di alcuni tumori .
Tra le sostanze più critiche individuate ci sono il PFOA e il PFOS. Entrambe le classificazioni come potenzialmente cancerogeni e rilevati rispettivamente nel 47% e nel 22% dei campioni italiani. Ancora più allarmante è la diffusione del TFA , un composto ultra-corto difficile da eliminare anche con i sistemi di filtrazione avanzati, presente nel 40% delle analisi.

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L’indagine ha evidenziato una contaminazione diffusa lungo tutta la penisola, ma con picchi più gravi in alcune aree del Nord Italia , già nota per la presenza di poli industriali. Veneto, Lombardia e Piemonte risultano tra le regioni più esposte, con livelli di PFAS che in molti casi superano i limiti adottati da paesi come Danimarca e Stati Uniti. Ma non è solo il Nord a preoccuparsi: campioni contaminati sono stati trovati anche in zone rurali del Centro e del Sud. A dimostrazione che il fenomeno si è ormai esteso oltre i confini delle aree industriali.
Nel frattempo, i cittadini possono adottare alcune misure di precauzione: informarsi sui controlli locali e consultare i dati dell’acquedotto comunale. Utilizzare filtri a carboni attivi o osmosi inversa , che riducono la presenza di PFAS (pur non eliminandoli del tutto). Limitare l’uso di prodotti contenenti fluoropolimeri, come alcune padelle antiaderenti o imballaggi alimentari.
Acqua del rubinetto, altro che potabile: in queste regioni si rischia grosso - spazioeco.it








